16 novembre 2006

Yes Ai Nou... Mai Uei...

Oggi parliamo di Pino Daniele. Lo sto ascoltando molto in questo periodo, forse anche perché in un momento come questo in cui la mia città sta passando quotidianamente su TV e carta stampata per i motivi che tutti sappiamo, sento inconsapevolomente il bisogno di riscoprire quanto di buono è stata capace di produrre...
Pino Daniele, dicevamo. Cominciamo col tirare una bella linea rossa sopra sulla produzione dell'ultimo decennio, da "Non calpestare i fiori nel deserto" (1995) in poi. Canzonette da 3 soldi, testi quanto mai banali, e il successo presso il grande pubblico a testimoniarne lo scarso valore artistico.
Andando a ritroso, il decennio precedente, da "Ferryboat" (1985) a "Che Dio ti benedica" (1993) è caratterizzato da album non brutti, suonati e arrangiati bene, con grandi collaborazioni (Chick Corea e Ritchie Havens su tutti), ma, come dire, un po' "insipidi". Varie le perle, Anna Verrà, Femmena, Allora sì, quel gioiellino di Sicily, le straconosciute Quando e 'O scarrafone. Ma luccicano anche perché compaiono in album tutto sommato non eccezionali, un po' monotoni. Notevole il live acustico "E sona mo" (1993), testimonianza di un concerto in cui Daniele era sul palco accompagnato solo da una percussionista.
Altro salto temporale, ed eccoci al primissimo Pino Daniele, che corrisponde, come troppo spesso accade, al miglior Pino Daniele. 6 album in 7 anni, diversi tra loro ma uniti da un comune filo conduttore, da ascoltare e apprezzare nella loro interezza, culminati nel fantastico "Live Sciò" dell'84, periodo in cui Daniele e la sua band (con musicisti del calibro di Tullio de Piscopo, Tony Esposito, James Senese, solo per citarne alcuni) suonavano in giro per l'Europa (tra cui un'apparizione al Montreux Jazz Festival) e per il mondo, aprendo concerti di Bob Marley e Bob Dylan, giusto per fare qualche nome.
Questi 6 album meritano di essere citati uno per uno: "Terra mia" (1977, in cui spiccano la title track, 'Na tazzulella 'e café, e l'inarrivabile Napule è), "Pino Daniele" (1979, Je sto vicino a te, Je so' pazzo, Chillo è nu buono uaglione), "Nero a metà" (1980, Quanno chiove, A mmé me piace o bblues, Alleria), "Vai mo" (1981, Yes I know my way, Viento 'e terra), "Bella 'mbriana" (1982, Tutta n'ata storia, Tarumbò), e "Musicante" (1984, Keep on movin' e la commovente Lazzari felici).
6 album in cui Pino Daniele fonde con grande maestria le melodie tipiche della canzone classica napoletana con ritmi e sonorità che vanno dal blues al rock al funky-jazz (ed è stato probabilmente l'unico in Italia ad aver esplorato questi territori riscuotendo un certo successo), il tutto impreziosito da testi molto belli, poetici ma intrisi di rabbia e disillusione, e che restano attualissimi oltre 20 anni dopo.
Insomma, se siete a corto di ispirazioni musicali... ;-)

2 Comments:

Blogger Alex said...

Pinuccio è un grandissimo artista partenopeo, che si è sempre circondato da musicisti con le palle così OOOOO, e nei suoi anni d'oro ha scritto musiche che oggi in molti si sognano. Beh quella era la Napoli dei jazzisti, dei "funkisti". Stili difficilissimi tecnicamente... ma Pinuccio scemo non era. Cmq sono completamente d'accordo con te tranne solo per l'ultimo decennio dove c'è poco da salvare (qualche canzoncina carina in effetti io l'ho apprezzata)

9:52 AM  
Blogger Mario said...

Il discorso è che molti, moltissimi conoscono solo l'ultima produzione, massicciamente pubblicizzata, più 2-3 pezzi vecchi, e non hanno idea di quello che è stato capace di produrre a inizio carriera...
Mentre dovrebbe essere il contrario...
Prova ad ascoltarti Live Scio', poi paragonalo con uno degli ultimi album e fammi sapere :-P

1:56 PM  

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